La produzione dei derivati del pomodoro genera elevate quantità di scarti, quali bucce, semi e residui di polpa, che rappresentano circa il 7.0-7.5% della materia prima e costituiscono una fonte preziosa di composti bioattivi (carotenoidi, antociani e flavonoidi). L’estrazione di questi ultimi prevede l’impiego di solventi organici come esano, acetone ed etere di petrolio.
Al fine di ridurre l’impatto ambientale, in uno studio recente, effettuato da un gruppo di ricercatori italiani (De Luca et al., 2024), per tale estrazione, è stato valutato l’utilizzo di anidride carbonica (CO2) in forma supercritica e liquida. Gli estratti derivati da bucce, semi e cascami interi sono stati caratterizzati per determinare il quantitativo di carotenoidi, il contenuto di polifenoli totali (TPC), l’attività antiossidante (ABTS e DPPH) e la composizione in acidi grassi.
I risultati evidenziano che i campioni così ottenuti sono ricchi in licopene, β-carotene e polifenoli, presentando un elevato potere antiossidante, con rese estrattive elevate. Gli estratti mostrano, inoltre, un elevato contenuto di acidi linoleico, oleico e palmitico, conferendo ad essi fluidità ed un basso punto di fusione.
Concludendo, gli estratti ottenuti da scarti di lavorazione del pomodoro mediante l’impiego della CO2 possono essere utilmente utilizzati dall’industria alimentare per la preparazione di alimenti funzionali, oltre che per la preparazione di biofilm per packaging.
Riferimenti bibliografici: De Luca et al., Convegno Nazionale di Scienze e Tecnologie Alimentari, Bari, 12-13 Giugno 2024, 59.