Che impatto hanno avuto i cambiamenti tecnologici finalizzati a un risparmio energetico con la riduzione dei tempi di lavorazione? Proviamo a scoprirlo.
In questa rubrica, due o tre anni fa, affrontammo l’argomento “concaggio del cioccolato” evidenziando quali fossero gli effetti, gli scopi e l’evoluzione del processo. Alcuni clienti, ma pure studenti mi chiedono spesso se, dal punto di vista della qualità del prodotto, l’evoluzione “imposta” alle macchine preposte al concaggio (le conche) abbiano portato effettivi miglioramenti sulla qualità del cioccolato.
Ho usato il termine “imposta” perché i cambiamenti effettuati sulle conche hanno lo scopo principale di consentire un risparmio energetico riducendo i tempi di lavorazione in maniera evidente. Si tratta certamente di una questione spinosa che non troverà tutti d’accordo ed è giusto sia così, ma ritengo valga la pena di discuterne.
Innanzitutto, occorre chiedersi quali siano i parametri che contraddistinguono la qualità di un cioccolato; oltre alla scelta delle materie prime, certamente la raffinazione delle particelle solide, la struttura, la tessitura e la “scioglievolezza” in bocca, concorrono a rafforzare questa caratteristica fondamentale. Molti di questi parametri vengono accentuati proprio in fase di concaggio durante il quale si sviluppano diverse reazioni chimiche e cambiamenti fisici che portano a ottenere una caratterizzazione del cioccolato. Rivediamo quali sono queste cause e gli effetti che ne scaturiscono.
Teorie diverse
Sin dall’applicazione su larga scala di questo processo di lavorazione, si è creata una grande incertezza su quali siano i reali effetti dell’operazione, trovando tecnici e tecnologi che privilegiano l’una o l’altra teoria. Ne esistono differenti e tutte valide nei loro contenuti e, personalmente, ritengo che tutte abbiano un’influenza più o meno marcata nello svolgimento del processo. Volendo riassumere tali teorie, potremmo cominciare con quella – che definiremo “meccanica” – la quale afferma come il lavoro della conca consista essenzialmente nella riduzione delle dimensioni e nell’arrotondamento degli spigoli delle particelle solide sospese nella massa semiliquida di burro di cacao (e di burro vaccino nel caso di cioccolato al latte ecc.).
Questa teoria, a mio avviso, vale soprattutto per le conche di vecchia generazione e non è sempre applicabile per quelle definite “a secco” di più recente concezione. La teoria che invece privilegia l’effetto “fisico” si basa sull’idea secondo la quale la funzione essenziale della conca consisterebbe nel favorire l’evaporazione dell’acqua insieme alle frazioni volatili indesiderate delle materie prime e principalmente del cacao (il cosiddetto “retrogusto astringente”).
Diversi autori insistono invece sull’effetto chimico, per il quale il calore della conca causerebbe una parziale caramellizzazione degli zuccheri o, secondo altri, una parziale inversione degli zuccheri stessi; secondo altre spiegazioni, attraverso il contatto prolungato della massa con l’aria si manifesterebbero “effetti ossidanti non meglio identificati”, ma che comunque porteranno in una mitigazione del sapore astringente dovuto, come scritto in precedenza, principalmente al cacao (quello che abbiamo già indicato come “retrogusto”).
Tutti questi effetti si potrebbero riassumere nella ben nota “reazione di Maillard”, ma che da sola comunque non basterebbe a spiegare tutto ciò che avviene durante il concaggio dal punto di vista chimico. Tuttora, infatti, la materia rimane oggetto di studi, data la particolare complessità dei componenti del cacao che, in qualche maniera, subiscono l’influenza del processo. Volendo continuare ad esaminare con maggiore attenzione le diverse teorie, seguendo criteri “chimico-fisici”, si può evidenziare come si attribuisca un’importanza speciale all’amalgamazione delle particelle solide con la fase grassa, creando così una sospensione che può quasi definirsi una specie di soluzione colloidale.
Un effetto facilmente constatabile di tale amalgama è la scomparsa del “sapore di grasso e della nota untuosa” dopo un concaggio prolungato. Con l’aggiunta poi di lecitina – che ha la proprietà di abbassare la tensione superficiale e la viscosità del cioccolato – l’omogeneizzazione avviene molto più speditamente. Occorre sempre ricordare che il cioccolato essendo una mescolanza intima di cacao, zucchero e burro di cacao, è – e rimane – una sospensione e non una soluzione; quindi, con tutte le caratteristiche strutturali che essa comporta.
Il fatto che, al momento della messa in conca, la massa si presenti densa, “grumosa” al palato, indipendentemente dalla temperatura impostata per il concaggio e dopo alcune ore di lavorazione (secondo il tipo di conca: in genere da 12 a 72), il suo aspetto cambi e il cioccolato diventi una pasta vellutata, può indurre a pensare che effettivamente esista un’azione meccanica che porta alla riduzione delle particelle solide. In realtà, esaminandolo al microscopio, queste non risultano particolarmente rimpicciolite rispetto all’inizio del concaggio e ciò porta alla conclusione che l’eventuale ulteriore raffinazione dei componenti solidi, non può essere l’effetto primario del concaggio, casomai si tratterebbe di una conseguenza secondaria.
Più incisivo è certamente l’argomento inerente all’evaporazione dell’acqua e delle frazioni volatili che possono identificarsi con il composto presente in maggior quantità, cioè l’acido acetico derivante dalla fermentazione del cacao nei luoghi di origine. L’esperienza sperimentale infatti dimostra che l’aggiunta – anche minima – di acqua alla massa di cioccolato in conca provoca un tale aumento della viscosità che potrebbe arrivare fino ad arrestarne il movimento o danneggiare la stessa attrezzatura. Mantenendo costante la temperatura di esercizio, con la progressiva eliminazione dell’acqua, viceversa si registra una graduale diminuzione della viscosità del prodotto.
L’eliminazione dell’umidità presente provoca l’ottenimento di un prodotto finale avente delle qualità reologiche ottimali in funzione del livello qualitativo voluto e delle lavorazioni a cui il prodotto deve essere successivamente sottoposto. L’eliminazione delle sostanze volatili presenti, a cui in genere si attribuisce un gusto non gradevole e certamente aspro, contribuisce alla formazione dell’aroma. Soprattutto gli autori tedeschi e americani richiamano inoltre l’attenzione sull’importanza dell’eliminazione dell’aria. Infatti, è evidente che l’aria adsorbita dalle particelle solide riesce a formare un cuscinetto attorno ad esse impedendo l’aderenza del burro di cacao.
Il concaggio prolungato fa sì che tale cuscinetto si riduca gradatamente e venga sostituito da uno strato aderente del burro di cacao, con il risultato che le particelle in questa condizione non danno più la sensazione primitiva di ruvidità al palato. Secondo l’emerito studioso tedesco Fincke, un’altra importantissima funzione del concaggio graduale e prolungato sarebbe quella di vincere le forze di adesione che determinano l’agglomerazione delle particelle solide e di far sì che esse siano disperse e uniformemente distribuite nel burro di cacao. Infine, l’indubbio miglioramento dell’aroma che, come scritto, probabilmente è soprattutto legato all’evaporazione delle sostanze volatili astringenti e con il progressivo passaggio di “buone” sostanze aromatiche nel burro di cacao.
Possiamo probabilmente scartare l’idea che il concaggio debba avere come scopo la parziale inversione o caramellizzazione dello zucchero soprattutto perché, se dovessero verificarsi alle basse temperature impiegate, essi non potrebbero avere che un’importanza sicuramente secondaria. Infatti, la temperatura della conca non supera i 60-80°C e viene abitualmente mantenuta sui 70°C (per il cioccolato al latte molto meno: 50-55°C, ma con tempi di concaggio teoricamente più lunghi). Tale temperatura assicura la perfetta fluidità del burro di cacao, una buona evaporazione dell’acqua e delle sostanze volatili, senza però apportare note di sapore anche sgradevoli al prodotto (ad esempio di bruciato) che con temperature più elevate verrebbero inevitabilmente evidenziate, soprattutto perché il cioccolato è comunque un cattivo conduttore di calore.
Conclusioni
Possiamo affermare che gli effetti del concaggio sono molteplici e non tutti di facile comprensione. Certamente durante tale lavorazione avvengono diversi fenomeni che contribuiscono tutti insieme al raggiungimento dell’obiettivo finale. È importante sottolineare come in questa esposizione, si evinca l’importanza del tempo applicato per lo sviluppo del processo e ciò induce a pensare che le lavorazioni eseguite sulle conche “più tradizionali” (longitudinali e/o “rotative”) portino a risultati qualitativi migliori.
La lavorazione con le conche “a secco” ha determinato altresì, come scritto in precedenza, a sensibili riduzioni dei tempi di processo; in media i tempi di concaggio sono indicativamente di 12 ore e si è cercato di ottenere le medesime valenze qualitative delle conche “tradizionali” intervenendo soprattutto sui sistemi che producono energia sulla massa da concare. In definitiva, il lavoro a cui una conca viene chiamata, consiste nel trasferire al prodotto una grande quantità di energia sotto forma di attrito.
Per esperienza diretta, quando si è “voluto provare” ad aumentare i tempi di concaggio in una conca a secco, spesso i risultati sono stati del tutto deludenti: la massa di cioccolato, infatti, ha assunto una viscosità così elevata da risultare ingestibile, tanto da non essere più “pompabile”. Senza voler prendere una posizione di parte e se siano più efficaci i sistemi di concaggio tradizionali o quelli con la conca a secco, certamente sta nella professionalità del tecnologo trovare il giusto punto di equilibrio.
Esisterà quindi sempre una fase critica, durante la quale il prodotto rischia, se il processo non è controllato, di danneggiarsi irreparabilmente. Infatti, l’attrito sviluppato dal lavoro della macchina non dipende solo dalla macchina stessa, ma anche, in misura notevole, dallo stato fisico del prodotto e dal tempo di applicazione. Fissate nelle loro linee essenziali le finalità e gli effetti principali del concaggio, si possono determinare con maggiore precisione le condizioni di lavorazione più favorevoli al fine di ottenere il massimo risultato con il minimo dispendio di tempo ed energia, pure indipendentemente dalla tipologia di attrezzature utilizzate.