
mostrato una rilevante ossidazione lipidica (Fig. 1), anche se il contenuto di polifenoli era inferiore rispetto agli altri due campioni (Fig. 3). Inoltre, i risultati delle misurazioni della vitamina E indicano che non vi sono cambiamenti significativi nel tempo per i cioccolati in esame (Fig. 4), con l’eccezione di una discreta diminuzione del cioccolato gianduia nel quarto e nel sedicesimo mese di stoccaggio. Infine, considerando l’acidità dei tre cioccolati, questa si riduce nei primi quattro mesi di conservazione (Fig. 5), mentre, dopo l’ottavo mese, aumenta in modo analogo in tutti i campioni, per poi calare nuovamente al sedicesimo mese (t16). Come ipotizzabile, il livello di pH (Fig. 6) è inversamente correlato a quello dell’acidità (Fig. 5). Il pH, infatti, è aumentato leggermente in tutti i campioni dal tempo t0 al tempo t4, mentre, dal quarto mese al sedicesimo mese, si è registrata una certa variabilità nell’intorno del valore di pH 6,00. L’idrolisi dei trigliceridi, primo step nei fenomeni ossidativi d’irrancidimento lipidico, può portare a un aumento dell’acidità libera e quindi a una diminuzione del pH. Contemporaneamente, l’ossidazione dei polifenoli determina una diminuzione dell’acidità e un aumento del pH. Poiché il pH è espressione dei protoni dissociati, esso tende a mantenere valori più stabili rispetto all’acidità e a evidenziare oscillazioni di minore entità durante la conservazione dei cioccolati. Questi risultati, ottenuti in condizioni che simulano quelle a cui i prodotti sono esposti in un punto vendita, sono di estrema importanza per le aziende dolciarie sia per stabilire il periodo di shelf-life più opportuno, sia per ottimizzare la rotazione dei prodotti presso i negozi.
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